La mia ammirazione per il sindaco Fabio Vergine rasenta ormai l’idolatria. Il nostro Leader Nato (“nato” voce del verbo, e lui lo nacque con tanto di autocertificazione) sembra dare il meglio di sé nel corso dei mesi del solleone, con brevi ma intensi exploit anche tra Natale e Capodanno (e qualche chicca di raro acume perfino durante il triduo pasquale), e non saprei dire se per via dell’afa eccessiva o perché crede che io non abbia argomenti a sufficienza per le fette di Mellone: ergo vorrebbe fornirmene abbondante materia prima.
Non sto qui a ricordare i precedenti negramarognoli primavera/estate 2023 che trasformarono le celebrazioni per il Ventennio di una famosa band salentina in una figura di stallatico universale per Galatina e dintorni, con indelebili incolonnamenti di autoveicoli stile Il Cairo d’Egitto, bestemmie degli astanti da far paura ai morti e non poche allusioni (da parte delle vittime di quell’aristocratica sciatteria) circa la dubbia onorabilità delle nonne rispettivamente di organizzatori e trombettieri più o meno istituzionali dell’evento.
Qualche giorno fa il nostro sales manager nelle vesti di primo cittadino ha diramato a profili social unificati uno dei suoi proverbiali lieti annunci dotandolo di un video da pubblicità progresso, attraverso il quale – con tanto di musichetta acchiappa-gonzi di sottofondo, una parlantina micidiale e sottotitoli a caratteri cubitali per rimarcarne i passaggi reality più memorabili - fa sapere a noi altri che non capiamo una mazza di marketing territoriale; che le apparizioni televisive - tipo quella su Canile 5 di “Galatina mia” insieme ad Angelina Jolie Mango, costata quel che è costata (ma “non basta pagare, serve anche saperci fare”, proclamò a gran voce il nostro advertising guru qualunque cosa avesse voluto dire) - produrranno non so più quanto ritorno in termini di galatinese AT-TRAT-TI-VI-TÀ (lemma da scrivere e soprattutto proferire in maiuscolo e con la suddivisione in sillabe); che, insomma, il tempo di “festi e festini” [sic] continuerà senza requie e fatevene una ragione una buona volta tutti quanti; che finalmente “è stato tolto il tappo a tutti coloro i quali la pensano come noi” (poverini, chissà quanto avranno sofferto tappati in casa appunto per via dei Dpcm); che “non ce la potete fare a capirlo” (‘ntorna); che “continueremo a dare la massima attenzione alle fasce deboli” (non osiamo chiedere come, e soprattutto se qui il concetto di debolezza si riferisca all’udito o al comprendonio di codeste fasce); e che insomma “la vecchia governance” (e ci può stare che una civica amministrazione venga ridenominata governance visto che la Basilica è già una location) altro non era che un’accozzaglia di “musi lunghi” fatta partito, oggi per fortuna dismesso, fermato, FI NI TO [sic].
Standing ovation ovviamente da parte dei fan più attivi, dei camerati estasiati, e dei caporali di giornata dell’adorante community, tutti pronti a vergare in calce al suddetto comunicato l’usuale sintesi epesegetica della loro incondizionata venerazione nei confronti del loro beniamino, compendiabile nella salmodiante locuzione: “Grande Fabio!!!” (tre o più punti esclamativi, mi raccomando).
Superata la paresi dei primi istanti mi son detto che boh, alla fin fine, tutto sommato il tipo non ha mica tutti i torti. Certo, l’unico aspetto negativo di tutta questa piazzata è stato quello di farci risultare simpatico perfino l’ex-sindaco Marcello Amante; ma per il resto tutto va ben madama la verginella come da programma: dibattito trasformato in antimateria della politica, consiglio comunale promosso al rango dell’asilo Mariuccia, vita cittadina narrata come una soap opera, Galatina diventata d’amblée una Temptation Island (e piazza San Pietro un novello Billionaire), l’arte ridotta ad attrazione da circo, la storia votata alla santificazione del presente (mica alla sua critica, come invece pensava quell’ingenuo di Gramsci), apparizioni televisive che somigliano a un cinepanettone, pardon, cinepasticciotto, da ultimo, la (mi trema la penna) Cultura votata al declino cognitivo ed emotivo più che all’approfondimento e alla memoria.
Peccato che nulla abbiano potuto fare le parole trionfanti, il lirismo descrittivo e l’enfasi retorico-spettacolare del nostro Fabio Briatore contro la recente sentenza del tribunale di Lecce che condanna per direttissima la Città di Galatina a ridurre i limiti di velocità (sine, dico la città sta procedendo a tutta birra contro un muro - questa volta quello del suono) e a sborsare un po’ di money a mo’ di spese legali. Ma chi se ne frega, tanto paga la comune mica noi altri. Mi sa tanto che stavolta pure il muso del giudice, come quello di molti altri (incluso il mio), quanto a lunghezza sia un tantino, diciamolo in slang, oversize.