Sotto il saio niente

Sotto il saio niente

Si gridi pure alla blasfemia, si chiudano pure gli occhi e ci si tappino le orecchie. Accostare la parola “sesso” alla parola “convento” può facilmente apparire un’eresia, ancora più plateale se il convento in questione è quello di Padre Pio.
Da tempo provo a chiedermi se scrivere su un argomento tanto delicato sia opportuno o meno, ma poi ci sono momenti in cui diventa urgente il desiderio di dire “basta”, dettato da una necessità di trasparenza e “brave persone” che si fa proprio fatica a trovare. Il fatto è grave, portato all’attenzione dei media qualche mese addietro dalla donna che accusa alcuni frati di aver abusato sessualmente di lei, sotto la minaccia di toglierle il lavoro che svolgeva in qualità di tuttofare proprio nel convento. Saranno gli organi di competenza a valutare la veridicità di tutto questo, ad analizzare i messaggi che la signora ha conservato sul telefono, a cercare di capire se e cosa ci possa essere di marcio all’interno di un luogo sulla carta così sacro. Ma al di là di ciò a cui darà risposta un’aula di tribunale, rimane l’amaro per una vicenda triste che si trascina un malcostume e una carenza di valori che ha radici più profonde.
Sempre più spesso sotto un saio (o una veste talare) non c’è niente, nel senso che sempre più spesso uomini e donne di Chiesa sono troppo uomini e troppo donne, tirando fuori il lato più crudele e becero dell’essere tali. Da loro ci si aspetta qualcosa di diverso, qualcosa di “altro” che rende la chiamata dello Spirito un onore, ma anche un importante onere a cui può sottostare solo chi ha animo forte e pulito.
Non ci si meravigli allora di chi non riesce ad accompagnare la propria fede nel Cristo degli ultimi a una fiducia nei suoi servi, attaccati alla materia, in tutte le sue forme, molto più che all’incorporeo del cuore. Ecco allora che spunta anche il dio denaro a tentare, annebbiando la vista. Decidi di sposarti? Devi pagare, tariffa diversificata a seconda che si tratti della tua parrocchia di appartenenza o di altra parrocchia, pur all’interno della tua stessa città. Inconcepibile. Chi dovrebbe promuovere e aiutare il matrimonio cristiano, rende questo cammino un percorso burocratico, non lineare in termini di carte da preparare e macchiato da queste che hanno tutta l’aria di tangenti, uno step obbligato. E se ci si rifiutasse di pagare? Non ci sarebbe il matrimonio? Lascio a voi la scoperta della risposta. E ovviamente il campo si può allargare.
Nel frattempo però voglio ringraziare Dio di aver messo sulla mia strada anche fratelli e sorelle che con queste storie non hanno nulla a che fare e che davvero hanno sul volto e dietro gli abiti che indossano qualcosa che non appartiene a tutti. La capacità dell’ascolto, la gratuità dell’amore, l’affetto amicale, filiale, fraterno.
A loro mi aggrappo per non buttare nella pattumiera tutto quello in cui ho sempre creduto.
Per gli altri spero solo nel confronto atroce con una vergogna tale da non risparmiare quel poco di coscienza che possono nascondere.