La pergola

Quasi tutta la giornata si svolgeva sotto quella pergola, tra la cisterna e l’uscio di casa. Quella pergola che si arrampicava e si stringeva a quei fili di ferro stesi alla meglio e ormai un po’ arrugginiti e che dava tanta ombra, tanto fresco e tanta pace. Da lì si cominciava la giornata ed è lì che finiva dopo aver mangiato qualcosa e non prima di aver raccontato la giornata o aver raccontato fatti, storie o  aver intonato qualche canto popolare.

La notte blu

Qualcuno disse: “andiamo a ballare”, qualcun altro: “andiamo a mangiare”, e un altro ancora: “andiamo a passeggiare”. Poi si levò una voce dal fondo: "aspettiamo l’alba”. Non l’avevamo mai fatto e forse per questo ci trovammo tutti d’accordo. Poco dopo però  furono sollevate alcune obiezioni: “..e se sentiamo freddo?”   “… e  se ci addormentiamo?” “… e se ci raffreddiamo e dopo ci ammaliamo?”.Erano tutte obiezioni giuste per cui ci organizzammo, ci preparammo  e avvertimmo  casa. La serata era ideale, una luna chiara illuminava il cielo e la terra.

Più o meno vent’anni

Insomma a diciott’anni l’estate portava insieme al caldo, qualche breve  innamoramento, qualche breve passione, qualche breve amore che il primo venticello fresco d’autunno portava via con se. Ci sentivamo più liberi, avevamo più occasioni, c’erano più possibilità di incrociare sguardi e silenzi. Parlavamo di latino e di italiano, di futuro e di fortuna, di canzoni e di passioni. Poi verso la fine dell’estate c’era ogni giorno qualcuno che andava via, che rientrava in città ed erano saluti e promesse. Promesse di incontrarsi, di rivedersi e forse succedeva davvero, o forse no.

Le bettule

Ce n’erano in ogni angolo del centro storico: vino, qualche pezzo di formaggio, qualche polpetta fritta o col sugo e un brindisi finale. E la sera era in una di quelle “bettule” il ritrovo dove parlare di lavoro, di politica,  di famiglia e di altro. A volte le discussioni erano anche molto animate. Finiva lì una pesante giornata di lavoro passata nei campi a coltivare, dall’alba al tramonto. Erano più o meno le dieci di sera quando si andava via dalla “bettula” per tornare a casa a piedi o con la bici.

Pazza idea

Diavolo di quella “parente stretta” che ebbe la pazza idea di voler festeggiare il compleanno in un cosiddetto prive’ di una discoteca molto nota. Era più di mezzanotte e stavamo in fila nella entrata “VIP” della discoteca insieme a tantissimi giovani. Ancora l’entrata era chiusa, avrebbero aperto da lì a poco.  Per “noi VIP” la fila fu molto più breve ma il pagamento molto più salato.

La parmigiana

Nessuna ricorrenza particolare e nulla da festeggiare, ma quel giorno qualunque avevamo voluto fare uno strappo, una trasgressione. Eravamo andati, in quella calda giornata d’agosto, in un lido attrezzato. E che lido. Quel giorno qualunque, non si badò a spese.  Colazione, parcheggio, ombrellone e due lettini ed erano già partiti i primi 50 euro, senza alcun disappunto da parte nostra,  anzi, lasciando trasparire, tutta la nostra gioia e contentezza. 

L’amore del cielo per la luna

Mi svegliavo con un pensiero e mi riaddormentavo con lo stesso. Avevo messo su una frase articolata e contorta, così tanto, che non riuscivo a dare una degna chiusura con rima. Troppo difficile, a tratti perdevo la speranza e cominciavo già a pensare una diversa strutturazione della “dedica” per renderla più facile. Erano passati anche alcuni giorni e l’anno scolastico stava per concludersi.

Tre giorni in luglio

Nemmeno una ventina d’anni di differenza ed ero io designato ad accompagnare una trentina di “anziani” per tre giorni in un villaggio non molto lontano. Tre giorni di un luglio caldo e umido. Passò del tempo prima che qualcuno rompesse il ghiaccio, mentre con il pullman ci si avviava al villaggio. Qualcuno dalle ultime file, cominciò intonando la canzone: “ Quel mazzolin di fiori” , sperava che tutti gli altri lo seguissero cantando insieme: “che vien dalla montagna” . E invece no, fu sommerso dalle note di “ Tutti al mare, tutti al mare…” .

Il ciccione

Avevo avuto un preavviso, ma quel giorno il dolore s’era fatto insopportabile. Non ce la facevo neanche a stare in piedi, a camminare. Aspettai un po’ sperando che quei dolori fortissimi alla pancia  si calmassero e invece era sempre peggio. Fu così che, dopo aver chiesto aiuto ad una persona che abitava di fronte, corremmo in ospedale mentre i dolori non accennavano a calmarsi. Arrivammo alla guardia medica e fortunatamente non c’erano altri “pazienti”, entrammo di corsa senza neanche bussare e mi sembrò di svenire.

'Se telefonando' a San Pietro

Era il San Pietro del 1966, avevo una maglietta in cotone celeste, abbottonata davanti sino al penultimo bottone, pantaloni neri alla caviglia e sandali, quell’anno andavano forte, sandali neri.  Andavo in giro nel luna park, che allora era in Piazza Cesari, tra musica assordante e la voce del signore che era nel box delle “macchine da scontro” che ripetutamente raccomandava  di “stare indietro dalla pista” o comunicava “altro giro altra corsa” o “gettoni alla cassa”.