Il seminario presso la Scuola Internazionale per gli studi della Shoah di Gerusalemme, che ho seguito dal 3 all’11 settembre 2017, è stato per me un’esperienza unica ed entusiasmante: non solo mi ha consentito di approfondire un tema che mi interessa da sempre in modo particolare, ma mi ha messo in contatto con studiosi e ricercatori di fama mondiale e con un gruppo di colleghi eccezionali, provenienti da ogni parte d’Italia. Con questi ultimi e con la dott.ssa Anna Piperno – l’ispettrice del MIUR che ci ha accompagnati e guidati in questa fantastica avventura – sono in contatto quotidianamente; tramite e-mail e messaggi ci scambiamo informazioni utili alla didattica e a coltivare il nostro comune interesse.
Qualche notizia sul luogo che mi ha ospitato: lo Yad Vashem (Ente Nazionale per la Memoria della Shoah) è stato fondato a Gerusalemme nel 1953 con la Legge del Memoriale approvata dal Parlamento Israeliano allo scopo di “documentare e tramandare la storia del popolo ebraico durante la Shoah preservando la memoria di ognuna delle sei milioni di vittime” nonché di celebrare i “Giusti tra le Nazioni”, ossia coloro che misero a repentaglio la loro vita per aiutare gli ebrei durante la Shoah.
Il nome del Memoriale letteralmente significa “un monumento” (yad) e “un nome” (shem): l’Ente si propone infatti di celebrare e commemorare con un luogo fisico e con un nome tutti coloro che sono meritevoli di ricordo, i sei milioni di ebrei uccisi dai nazisti e dai loro collaboratori, le Comunità Ebraiche distrutte, i combattenti partigiani, i figli e le figlie del popolo ebraico che hanno lottato per la loro dignità umana, i “Giusti tra le nazioni” .
Fedele ai suoi obiettivi (commemorazione, documentazione, istruzione, ricerca e divulgazione), il complesso monumentale ospita al suo interno diversi edifici e giardini in cui si trovano: il Museo Storico dell’Olocausto, il Museo d’Arte dell’Olocausto, la Sala della Memoria, la Sala dei Nomi, il Memoriale dei Bambini, la Valle delle Comunità, il Giardino dei Giusti, l’Istituto Internazionale di Ricerca sull’Olocausto, la Scuola Internazionale per gli studi della Shoah, una corposa biblioteca con testi in diverse lingue, una sinagoga e diversi monumenti.
La Scuola dello Yad Vashem propone un approccio metodologico interdisciplinare ed appropriato alle diverse fasce d’età dei discenti; auspica cioè la trasmissione di un sapere che non sia focalizzato esclusivamente sulla “disciplina storica” dello studio dell’Olocausto ma che includa la “comprensione degli esseri umani” e quindi l’arte, la letteratura e la filosofia. Nelle linee-guida della Scuola è inoltre presente il criterio della gradualità nell’approccio al tema: psicologi ed educatori hanno sviluppato programmi e materiali didattici per ogni fascia d’età, dallo studente di scuola primaria a quello universitario. Obiettivo principale è quello di trasmettere la fiaccola della memoria alle generazioni future, perpetuando la lezione fondamentale dell’ebraismo: quella per cui l’esercizio della memoria deve andare di pari passo con fini etici e morali.
L’insegnamento più importante che ho ricevuto è senza dubbio quest’ultimo: il ruolo dell’educatore, nell’affrontare una tematica così delicata qual è quella dello sterminio del popolo ebraico, deve essere necessariamente finalizzato allo sviluppo della coscienza morale degli allievi. A tale scopo è necessario partire dalle singole storie, quelle delle vittime, dei carnefici, degli osservatori esterni – indifferenti a ciò che accadeva intorno a loro – e dei “giusti” che con coraggio hanno scelto di rischiare la propria vita per salvare quella altrui.
Il processo di identificazione con ciascuna di queste categorie porterà l’allievo a riflettere sulla natura umana, a comprendere i dilemmi morali in cui si dibattevano le vittime (come nel film “La scelta di Sophie”), a riconoscere il potenziale carnefice che si cela dentro di lui, provando a contenere la violenza distruttiva che talvolta emerge in modo incontrollabile, a riflettere sul proprio atteggiamento di indifferenza nei confronti dei fenomeni discriminatori cui assiste spesso da vicino anche in ambito scolastico (bullismo, cyberbullismo …), a comprendere che l’uomo è capace anche di slanci di incredibile generosità se in lui sono stati coltivati i germi della tolleranza e della condivisione.
Lilia Cafaro
I.I.S.S. “Pietro Colonna” - Galatina