Qual è la reazione giusta da avere? Cosa dovrebbe essere più spontaneo fare? Provare paura o compassione? Sentirsi inermi o arrabbiati?
Per quanto ci si sforzi a dare delle direttive in tal senso, davanti a certe scene non avremo mai tutti lo stesso comportamento. Davanti a uno straniero che sbuca fuori da sotto il pullman appena rientrato dalla gita scolastica, ci potrà accomunare lo stupore, la sensazione iniziale di essere su un set cinematografico, di assistere a qualcosa che solitamente immaginiamo lontano da noi. Ma poi ognuno si muoverà di conseguenza, in modi diversi. Qualcuno chiamerà la Polizia. Qualcuno andrà via, tenendosi a debita distanza da fatti di cui non vuole essere testimone. Qualcuno imprecherà perché una situazione del genere può portare solo guai. Ma ci sarà anche chi si farà avanti e si mostrerà fratello o sorella, cercherà qualcosa da mangiare, proverà a rincuorare, a capire cosa possa essere accaduto davvero. Qualcuno guarderà quel volto provato, sporco e stanco e capirà quanto la propria vita, troppo spesso fatta di routine, sia in realtà fortunata e bella.
Le riflessioni sono dettate dalla cronaca, quella che davvero ieri ha visto arrivare in Italia un giovane (forse palestinese, forse algerino, è ancora da stabilire) incastrato sotto il pullman che ha riaccompagnato a Galatina gli studenti delle classi quinte del liceo scientifico “A. Vallone”. I genitori attendevano l’arrivo dei figli in prossimità del Caty Bar, proprio nella zona del campus scolastico. Dopo aver preso i bagagli dalla stiva, la sorpresa. Pare che il ragazzo si fosse aggrappato sotto la zona delle ruote e abbia affrontato tutto il viaggio da Dubrovnik. Quando è venuto allo scoperto era nero di fumo e sporcizia e distrutto. Le reazioni? Qualcuno ha imprecato, qualcuno è rimasto senza parole, qualcuno si è prodigato per non spaventarlo ulteriormente, qualcuno gli ha offerto di lavarsi e di mettere qualcosa nello stomaco.
I suoi denti rotti hanno fatto pensare a qualche azione violenta subita. Ha annuito.
Il contenuto del suo zaino (ago e filo, pantaloni bagnati) ha dipinto il quadro di una fuga senza inizio e chissà quale fine.
Gli agenti della Polizia di Galatina, intervenuti sul posto, lo hanno ascoltato in commissariato con l'interprete per avere le prime informazioni. Con il fotosegnalamento si è cercato di capire se è stato già censito in area Shenghen. Una volta stabilite con certezza la nazionalità e la provenienza, si procederà per il riconoscimento dello status di rifugiato e la conseguente assegnazione in una struttura che sarà decisa dal Ministero.
Questi i fatti e chiunque potrà interpretarli per farsi un'opinione personale su ciò che è successo.
Rimane un momento indicativo dell'oggi, in cui lasciare la propria terra è un atto di sacrificio e di dolore, al di là della persona che in effetti si è o si diventerà.