Sono un attivista del centrosinistra da oramai 30 anni suonati. Nel 1989 a15 anni sono andato ad ascoltare Zichichi e De Mita al congresso dei giovani DC “Eurogiò” che si teneva nel mio paese di origine, Ugento.
Appena arrivato a Roma per frequentare la Sapienza, nel 1993, ho partecipato alla campagna elettorale di Rutelli senza smettere mai, per la gioia di mia moglie che ad ogni campagna elettorale si dota di pazienza e misericordia.
Ho sempre cercato di stare lontano dalle elezioni amministrative dei comuni in cui risiedevo perché nelle piccole comunità spesso la politica incrocia questioni umane ed è attraversata da simpatie, piccoli inconfessabili interessi e da antichi o recenti risentimenti. Su questo non ci sono dubbi, così come è inutile nascondersi che la politica è anche e soprattutto passione, desiderio di conquistare il potere per lasciare traccia di se nel mondo, per fare qualcosa che resti. Questo non va mai dimenticato.
Spesso il chiacchiericcio è così assordante da far dimenticare la bellezza dell’impegno politico e dell’impegno nella società. Dobbiamo invece parlare di più dei sogni, delle utopie e della passione degli attori della politica locale, perché sono da esempio per i giovani che spesso si spaventano e ritengono che impegnarsi in un partito sia più o meno come entrare nella curva del San Nicola a Bari per tifare Lecce. Non è così. Non lo sarà mai. Perché il desiderio di cambiare le cose, di lasciare un frammento di eternità nella vita terrena, appartiene a tutti. Anche alle persone che osteggiamo politicamente.
Arriviamo così a Galatina ed al 2023: in questi giorni ancora paghiamo lo scotto di una “disruption” politica accaduta lo scorso giugno.
In città, per anni, c’è stato un sostanziale equilibrio, con un pezzo di classe dirigente che si è confrontata ma mai combattuta veramente e con un pezzo di classe politica tenuta fuori, ritenuta non funzionale. Ecco. Quando sono stato chiamato a dare una mano, da attivista, alla campagna elettorale di Fabio Vergine, mi sono ritrovato ad affrontare un dilemma tra la mia collocazione ideologica (sono un cattolico democratico e ho sempre votato centrosinistra), e la precisa consapevolezza che si stesse per confrontare il vecchio contro il nuovo.
Che una classe dirigente oramai scarica si sarebbe saldata nella conservazione di un equilibrio ultraventennale mentre dall’altra vedevo un pezzo di sinistra che si alleava con un pezzo di destra e un candidato appassionato che rischiava di essere la sorpresa del turno elettorale, Antonio Antonaci. Così è andata.
Le amministrative sono spesso caratterizzate da queste operazioni di fusione, di scomposizione e di ricomposizione: cosi, uno come me poteva ritrovarsi con candidati in area lega (d’altra parte ero molto preso dal governo Draghi, che abbracciava un amplissimo arco costituzionale) e dall’altra parte il PD ufficiale poteva candidare in coalizione un dirigente del partito di destra estrema Fratelli d’Italia e allearsi al secondo turno con un ex AN. E prendersi il lusso di aggiungerci il Movimento 5 Stelle.
Il secondo turno è andato esattamente come, da osservatore, avevo immaginato (capita a tutti di indovinare una previsione): da una parte l’uomo nuovo, fuori dal giro politico, che ha trovato, nell’altro eretico, un inaspettato alleato. Dall’altra parte il Pd che ha dovuto sostenere, in un’operazione conservativa, seppur senza ufficialità, l’uomo della destra galatinese, Marcello Amante. Hanno influito molti fattori, ma uno su tutti decisivo: Antonaci si è ritrovato a dover decidere se entrare in consiglio e portare avanti una battaglia appassionata in cui credeva o starsene a casa.
Un accordo pubblico, pulito, alla luce del sole ha illuminato la strada di Vergine nel secondo turno, rendendo così più evidente un accordo meno chiaro dall’altra parte. È evidente che una vittoria di Amante avrebbe determinato un probabile coinvolgimento dell’alleanza che sosteneva la ex sindaca Antonica.
A distanza di un anno ancora si sentono gli strascichi. La minoranza, variegata ma molto compatta e direi anche con un'unica linea, cerca di punire e creare breccia proprio su Antonaci, ovviamente non organico alla maggioranza ma fortemente interessato ad una unica battaglia: la sanità. Non so quanto tutto ciò sia funzionale alla rigenerazione dei partiti e dei movimenti, perché i comunicati stampa ed i toni sono abbastanza strumentali.
Anche di fronte ad un tema così sentito come quello del riordino ospedaliero, si è riusciti a fare solo polemica verso il singolo (Antonaci) e poco più.
I sindaci non hanno potere reale nella politica sanitaria regionale: possono fare quello che ha fatto Antonaci e che ha fatto Vergine, premendo su referenti regionali e romani. Ma senza esiti certi. Lo avrà fatto anche Amante immagino.
Oggi un risultato è arrivato: l’ospedale di Galatina ha 57 posti letto in più, con l’incremento più importante in provincia di Lecce. È solo un passo, ma disinnesca la polemica della minoranza che inciampa in maniera plateale. Dibattito amministrativo. Niente di nuovo. Ma che denuncia ancora un clima rovente.
Galatina ed il Salento in generale hanno bisogno dell’impegno di tanti, di aprire i partiti, di coinvolgere il più possibile.
A me interessa impegnarmi nel centrosinistra di Galatina che deve diventare un luogo di confronto e di approfondimento e non l’attuale fortino di una classe dirigente che tenta di rigenerare se stessa. Nessuno va messo alla porta, anzi. Bisogna rassicurare i giovani che vogliono avvicinarsi ma anche i vecchi spompati che un pochino di entusiasmo e di rinnovamento fa bene a tutti, anche a loro. Anche io sono stato oggetto di insulti e improperi per essermi permesso di commentare le primarie aperte del PD… succede e si deve sorridere.
Tanto se ne facciano una ragione: il governo cittadino andrà avanti altri 4 anni almeno. Possono usare questo periodo per ricostruirsi e ricompattarsi recuperando chi nel 2022 era dall’altra parte, oppure continuare a sentirsi irrimediabilmente giusti in un mondo di incapaci. Il mondo andrà avanti lo stesso. Ed il futuro del centrosinistra anche. Speriamo che presto si possa trovare un luogo in cui parlare di idee e di lavoro e meno delle persone e dei rimpianti.