I due liocorni

I due liocorni

Strada Galatina-Lecce. Passaggio a livello chiuso all’altezza della zona fiera. Sono in macchina e sono le 19:30 di un giovedì pesante di una settimana fatta di corse e incastri. L’obbligo a stare ferma per qualche minuto, pur per un motivo non esilarante come il transito di un treno, mi permette di respirare un attimo, ma i pensieri sulle cose ancora da fare e da sistemare prendono il sopravvento, viaggiando senza meta su quelle vecchie rotaie. E torno a tormentarmi sulla solita vacanza rimandata di anno in anno in chissà quale parte del mondo per non vedere niente e nessuno per un po’ di tempo.
Poi lo sguardo mi cade sullo specchietto retrovisore. Nell’auto dietro la mia c’è una donna al volante. Sta facendo strani gesti. Ponendo più attenzione capisco che sta cantando e accompagna la voce con una mimica infantile, ma molto dolce. Forse intona “I due liocorni” e senza dubbio deve avere un pubblico d’eccezione in macchina. Infatti quelle smorfie sono rivolte al sedile posteriore dove c’è un seggiolino con un bimbo o una bimba che si sta godendo la scena organizzata per lui o per lei dalla propria mamma.
Mi scappa un sorriso. Non ci voleva poi molto a mettere da parte quella centrifuga di doveri e problemi da risolvere per lasciare lo spazio a qualcosa di “semplicemente piacevole”.
Mi chiedo quante di queste immagini ci perdiamo, troppo intenti a spuntare le voci di quella giornaliera lista di impegni che sembra non accorciarsi mai. Quanti occhi puliti ci sfuggono, quante parole belle non ascoltiamo? E quante ancora strozziamo in gola rassicurandoci da soli con il classico “appena ho un secondo, le parlo” o con il più diretto e intramontabile “domani” che puntualmente non arriva.
Ci basta davvero poco per dare alla nostra vita un motivo vero per essere osannata come “la migliore che ci potesse capitare”, eppure lasciamo che vincano routine, lavoro e smartphone.
Quasi quasi oggi mollo tutto e improvviso una mia personalissima versione de “I due liocorni” per la mia febbricitante nipote. “Zia, ma che combini? Sembri una pazza” mi dirà mettendosi le mani tra i capelli. Ma non vorrà smettere di giocare con me. E io continuerò a saltare e cantare.