Anisakis nel pesce, le tre azioni per eliminarlo

Una persona residente in Germania e in vacanza nel Salento aveva segnalato, domenica scorsa, la presenza di larve di parassiti del genere Anisakis nelle alici (il cui nome scientifico è Engraulis encrasicolus). Asl Lecce allora precisa che "Sotto il profilo epidemiologico, la malattia che può colpire l’essere umano, ingerendo alimenti contaminati dal parassita Anisakis, è molto rara in Italia - si contano poche decine di casi accertati all’anno - ed è legata al consumo di prodotti ittici crudi o blandamente trasformati non abbattuti, contaminati dal parassita. Le manifestazioni morbose nell'essere umano, soprattutto a carico dell'apparato gastroenterico, possono verificarsi esclusivamente in seguito all’ingestione di pesce contenente larve vive del parassita; le larve non vitali non determinano la comparsa di alcuna forma morbosa.
In particolare, l’ingestione delle larve può provocare dolori addominali, nausea, vomito fino alla perforazione gastrica o intestinale. Da non sottovalutare le reazioni allergiche legate al consumo di pesce crudo infestato da larve vive e che si manifestano con dolori addominali, sintomi di natura reumatologica e dermatologica. I pesci colpiti più frequentemente da questo parassita intestinale sono: l'aringa (Clupea harengus), lo sgombro (Scomber scombrus), il tracuro (Trachurus trachurus), il melù (Gadus potassou), il pesce sciabola (Lepidopus caudatus), il merluzzo (Merluccius merluccius), le acciughe (Engraulis encrasicolus), la sardina (Sardina pilchardus) e la triglia (Mullus spp).
I parassiti del genere Anisakis possono trovarsi nell’addome dei pesci: sono difatti visibili, anche ad occhio nudo, intorno ai loro visceri e assomigliano a dei vermicelli biancastri lunghi da 1 a 3 centimetri. Il pericolo è costituito dalla possibilità che, dopo la pesca, a causa di una eviscerazione tardiva o nulla, i parassiti possano migrare nelle carni del pesce. In questo caso non è più possibile accorgersi della loro presenza e dunque il consumatore rischia, insieme alle carni, di consumare anche il parassita. Pertanto una veloce eviscerazione può rappresentare un importante intervento di prevenzione della parassitosi umana.
È opportuno ricordare che il prodotto diventa a rischio se consumato crudo o sotto sale o marinato, perché la cottura eviterebbe il rischio, uccidendo il parassita.
L’Anisakis rappresenta un rischio sanitario legato alle recenti abitudini alimentari di consumo di specialità a base di pesce crudo, solo se non correttamente gestito.
Il consumatore, la cui educazione sanitaria è anche un obiettivo del Dipartimento di Prevenzione, può gestire il rischio legato al consumo del pesce crudo con tre azioni fondamentali:
1) eviscerare sempre il pesce il più presto possibile, magari già in pescheria;
2) congelare il pesce o i suoi filetti se si ha intenzione di consumare preparazioni di pesce crudo o poco cotto (pesce marinato, preparazioni gastronomiche come sushi e sashimi, carpacci a base di pesce, pesci affumicati a freddo ecc.) La procedura prevista a livello domestico prevede la conservazione per almeno 96 ore a -18°C;
3) cuocere il pesce, poiché i normali metodi di cottura (al vapore, al forno, frittura) sono sufficienti per uccidere le larve.
Si ricorda inoltre che le conserve a base di prodotti ittici come i pesci salati (baccalà e le acciughe salate), i pesci essiccati (come lo stoccafisso), i pesci affumicati a caldo (come alcuni salmoni affumicati), e in generale tutte le preparazioni a base di prodotti già cotti o congelati, non costituiscono un pericolo per Anisakis.
La normativa
Il Reg. CE 853/2004 stabilisce che se il trattamento dei prodotti ittici da consumare crudi o praticamente crudi e il trattamento dei prodotti della pesca marinati e/o salati, non garantisce la distruzione delle larve dei parassiti, i prodotti devono essere congelati a una temperatura non superiore a -20°C in ogni parte della massa per almeno 24 ore.
Le pescherie e i ristoranti che preparano piatti a base di prodotti della pesca crudi o praticamente crudi, destinati ad essere o somministrati o venduti al consumatore, devono garantire il trattamento di cui sopra. Il Decreto del Ministero della Salute del 17 luglio 2013 ha inoltre obbligato gli operatori della filiera a informare i consumatori sul corretto impiego di pesce e cefalopodi freschi in caso di consumo crudo prevedendo l’indicazione di sottoporre il pesce ad un trattamento di congelamento ad una temperatura di -18 °C, per almeno 96 ore in congelatore domestico, contrassegnato con tre o più stelle. I servizi veterinari del Siav B (Servizio Igiene della produzione, trasformazione, conservazione, trasporto, commercializzazione, distribuzione, vendita e somministrazione degli alimenti di origine animale e loro derivati) del Dipartimento di Prevenzione sono quotidianamente impegnati a vigilare affinché gli operatori della filiera dei prodotti ittici attuino e seguano tutte le procedure di controllo per evitare di commercializzare prodotti ittici invasi da parassiti. Gli stabilimenti che commercializzano prodotti ittici, le pescherie e i ristoranti hanno l’obbligo di sottoporre a controllo visivo i prodotti della pesca al fine di verificare la presenza di parassiti visibili. Per info: Siav B sede Lecce 0832 215395 ore 8-13, Siav B sede Maglie 0836 425210 ore 8-13.