25 aprile, "La libertà non è mai un regalo"

Ogni 25 aprile l’Italia si ferma e anche Galatina. Non è solo una data, non è solo un anniversario. È un respiro collettivo, una memoria che vibra nelle pietre delle nostre città, nelle lacrime di chi ha combattuto, nei sorrisi di chi è nato libero.
È il giorno in cui celebriamo la Liberazione dal nazifascismo, quando un popolo stremato ha alzato la testa, ha preso in mano il proprio destino e, con l’aiuto determinante degli Alleati, ha scelto la libertà.
Furono mesi di sangue, di paura, ma anche di incredibile coraggio. La Resistenza non fu solo un movimento armato: fu un moto dell’anima, un atto di dignità. Donne e uomini comuni – studenti, contadini, operai – scelsero di salire in montagna, di opporsi all’occupazione tedesca e alla complicità fascista. Pagando spesso con la vita, ma regalando a noi un futuro.
E non furono soli. Gli Alleati – americani, britannici, francesi, canadesi – non liberarono solo città e territori: liberarono coscienze, riaccesero la speranza. A loro dobbiamo una gratitudine che il tempo (e le recenti cronache) non può sbiadire.
Senza quell’intervento militare, senza la forza condivisa di chi credeva nella democrazia e nella pace, l’Europa intera avrebbe potuto soccombere all’oscurità.
Da quel 25 aprile sono passati più di 80 anni. Ottant’anni di pace in un continente che per secoli aveva conosciuto solo guerre. Ottant’anni costruiti su sacrifici, su scelte dolorose ma giuste, su una visione condivisa di un futuro senza più tiranni. L’Unione Europea, con tutte le sue imperfezioni, nasce da lì: da quel grido di libertà che attraversò le Alpi e le coscienze.
Ma oggi, quel grido torna a chiederci ascolto. Perché altrove – a Gaza, in Ucraina, e in tanti angoli dimenticati del mondo – ci sono popoli sotto assedio, innocenti travolti da conflitti che non hanno scelto. E anche se il mondo è cambiato, resta intatta la lezione del 25 aprile: non basta condannare le oppressioni, bisogna avere il coraggio di opporvisi. Con la voce, con l’accoglienza, con la diplomazia, ma anche – quando non c’è alternativa – con la forza della solidarietà concreta.
La libertà non è mai un regalo. È una conquista. E ogni generazione ha il dovere di difenderla, di rinnovarla, di estenderla a chi ancora non la conosce.
Ricordare il 25 aprile non è solo onorare il passato: è scegliere da che parte stare, ancora una volta.
La paura non deve farci tacere o peggio farci girare dall’altra parte della storia. Non ci fu egoismo in chi attraversò l’Oceano per morire in Europa. Perché la libertà degli altri è anche la nostra.