Parlavano alle pietre

Queste riflessioni hanno un limite: non traducono il silenzio ed il dolore che solo chi ha vissuto la tragedia del “naufragio di terra” (come racconta Erri De Luca) può con verità proporre. Non possono le mie parole rappresentare i sentimenti di chi, quale “naufrago”, è sopravvissuto o si è lentamente spento in un buio polveroso.

Binari paralleli

C’è un punto in fondo a due binari, lungo quella prospettiva che tutti possiamo cogliere quando li fissiamo all’infinito, in cui tutto si conclude. Quel punto afferma che due linee parallele si incontrano. Contro ogni logica, quel punto racconta del nostro inconsapevole “fine corsa”.
Ci racconta come nelle quotidiane gioie e solitudini le nostre vite scorrano, ed attendano e s’incontrino a volte lungo una “direzione ostinata e contraria” (cit).

Un selfie con San Pio

Caro Dino, vorrei condividere una mia riflessione in seguito ad una fugace ed “accaldata” visita a San Giovanni Rotondo. La chiesa inferiore che ospita le spoglie di San Pio da Pietralcina è priva di luce diretta, ha pianta semicircolare ed è completamente decorata da tessere di marmo e pietra policromi, con il soffitto completamente ricoperto in oro (donato dai fedeli nel corso degli anni).

Alla ricerca del tempo perduto

Per i primi sessanta minuti, ho sofferto ad ascoltare la storia del disfacimento della Repubblica Italiana, fondata sul lavoro. La prima Costituzione al mondo ad avere “il Lavoro” come principio fondante della convivenza civile si ritrova a vivere in una situazione storica in cui il lavoro è negato come diritto ed umiliato dal punto di vista retributivo e della gratificazione della efficienza e qualità.

La morte è uno sguardo

Giusto il tempo di asciugare un pensiero, il tempo di far assopire la memoria, di riconoscere la sera ed un nuovo fremito ci impaura. Dove è la morte? Sulle ruote d’un carrello, celata in uno zaino, cinta ai fianchi d’un uomo, riposta nella canna d’un fucile.
Ha un suo segno, la morte, silenzioso ma non invisibile, efficace ma non evidente, deciso ed impietoso. La morte è uno sguardo. E’ lì che scompare l’uomo: nel paradosso degli occhi. Nel punto in cui giunge la luce, la luce scompare. Basta uno sguardo che s’incrocia con un altro sguardo.

C’è un limite oltre cui non ci si può spingere?

Nichi Vendola, un esempio tra tanti, è diventato padre o madre. Ha affittato una donna, secondo un tariffario californiano prestabilito e le ha fatto procreare il piccolo T.A. (con tutela della privacy del bimbo).

Il filo rosso

Mio Figlio aveva un maglioncino rosso, lavorato a maglia dalle abili mani della nonna. Il giorno che gli fu donato, si smarrì in un sorriso dolcissimo che mi resta negli occhi. Fu di notte che decisi di partire, quando il tormento che mi attanagliava, si risolse nella decisione: avevo scelto dove andare, dove morire. Spiegai a tutti che ci saremmo imbarcati, alla ricerca di giorni nuovi in cui per morire bisognava prima vivere.

Andrea, Maestro del Tempo

Il giorno 12 Agosto, al termine della funzione religiosa il corteo funebre ha fatto sosta davanti al laboratorio di Pasticceria, al civico 17.  Ho visto Andrea scendere dal carro funebre, fare un inchino davanti alla vetrina del suo laboratorio e dire: Io vado, vi lascio il tempo.  Ecco  il vero dono, il vero lascito di Andrea Ascalone è stato il senso del tempo, quello che abbiamo l’abitudine di non valutare più. 

E Felice a mezzanotte spense la luce

Per comprendere quanto sia riuscita l’iniziativa “Notte nazionale del Liceo Classico”, partiremo dalla conclusione: l’insostituibile Felice che, dopo la mezzanotte, è costretto a “staccare la spina” per costringere i ragazzi a concludere la serata ed andare a casa. È stata una festa: di creatività, di organizzazione, di competenze, di entusiasmo. Mai viste tante persone affollare il “Colonna”, dalle 18 alle 24 di un normale venerdì 16 gennaio. Atrio stracolmo, corridoi laterali impraticabili. Da non credere.

Con quella vergogna tra le mani

Ho ricevuto da Stefano Cucchi, una lettera di cui vorrei farvi partecipi:  Mi chiamo Stefano Cucchi, ed ho disagio a farmi riconoscere con il volto della morte. La  mia colpa di assuntore di droga m’inchioda alla croce. Io sono un’immagine pagana, la carne di un rito sacrificale.