Dopo oramai più di cinquanta giorni di conflitto alcune considerazioni potrebbero essere tratte. Se in tempi remoti qualcuno consigliava di studiare il passato per prevedere il futuro, certo è che previsioni certe non si possono fare, tantomeno perché la situazione muta di ora in ora e le condizioni geopolitiche non lo permettono, neanche ai massimi esperti in questo settore. Però delle considerazioni andrebbero fatte alla luce di quanto stiamo vedendo e di quanto la “storia maestra di vita” ci può insegnare.
Non so se la storia è un eterno ritorno, ma credo non lo possa sapere nessuno. Quello che però noto è una strana somiglianza con ciò che è già avvenuto nel passato e che mi spinge a riflettere un po'.
Al di là dei fatti e delle notizie che quotidianamente sentiamo, vediamo e viviamo, quello che mi spinge a riflettere è una strana aria che invade il nostro continente e non solo, una tensione quasi tangibile che serpeggia da un po' di tempo, non solo tra gli stati, ma anche negli stati. Le tensioni, manifeste o meno, espresse o represse, il malessere, la rabbia, sono tutte condizioni necessarie per far acuire ancora una situazione di per sé incandescente.
La crisi economica dovuta all’emergenza sanitaria, la crisi energetica, per non parlare dei malumori che caratterizzano ogni singolo stato, rendono il contesto sempre più scivoloso. Se a questo aggiungiamo l’inasprimento dei rapporti diplomatici in seguito all’invasione russa, il tutto potrebbe sfuggirci di mano senza che noi ce ne accorgiamo.
Se il passato ci insegna qualcosa, allora già dopo queste sommarie premesse, dovrebbe risuonare in noi un campanello d’allarme. Le circostanze e il contesto in cui viviamo sono pericolosamente simili (ovviamente cambiando interpreti, bandiere e collocando il tutto nella contemporaneità) a ciò che i nostri avi hanno già vissuto e di cui noi oggi studiamo le dinamiche, il perché e il come sia stato possibile e come si poteva evitare tutto ciò.
Alla luce di questo, sicuramente una corsa degli stati agli armamenti, un continuo botta e risposta diplomatico, l’inasprimento e l’allontanamento dai tavoli di discussione non giova al conflitto, ma non gioverà nemmeno al nostro futuro. A prescindere da chi vincerà questa guerra, da come e da quando, credete che la situazione all’indomani della fine del conflitto ritorni ad essere pacifica, collaborativa, mite e serena come lo era prima? Credete che la parte che perderà il conflitto non svilupperà dei rancori e non vivrà con astio i rapporti con la parte vincitrice?
Credete veramente che il conflitto di oggi, qualsiasi esso sia, non generi delle ripercussioni forti o meno sullo status quo del domani? La guerra si alimenta con altra guerra, l’animosità con la provocazione, l’odio con altro odio.
Se davvero vogliamo sperare in una fine del conflitto nel breve periodo e soprattutto senza gravi ripercussioni per il futuro, bisogna far riprendere il dialogo, anche e soprattutto se le parti sono diametralmente opposte. Solo con il confronto tra le parti si può sperare in una soluzione quantomeno non distruttiva per il futuro. Non rifacciamo gli errori che abbiamo commesso nel passato, perché già ci stiamo ricadendo, ma siamo ancora in tempo per tornare indietro e non superare il baratro oltre il quale la Storia ci potrebbe far pentire.
“La Storia insegna, ma non ha scolari” diceva Gramsci, ma a questo non voglio crederci. Non voglio in nessun modo credere che noi “studenti” non abbiamo imparato nulla dal corso della storia e che anzi ricadiamo nei soliti vecchi errori. Ecco, se la Storia non ha scolari, è anche vero che la Storia siamo noi, come diceva un noto cantautore italiano. Siamo noi in conclusione che decidiamo di noi stessi, del nostro presente e del futuro della nostra comunità. La Storia siamo noi e non possiamo ancora sbagliare: solo il dialogo e il confronto tra idee hanno, nel corso della storia, costruito, hanno posto le basi ed eretto i “palazzi” liberaldemocratici che ci proteggono e tutelano. Solo il dialogo ha costruito su ciò che è rimasto delle macerie e delle rovine frutto dello sforzo bellico. Il dialogo pone le basi per il futuro, la guerra illude di dar risposte, ma in realtà annienta le fondamenti dei nostri sistemi.
“La Storia insegna, ma non ha scolari”
