Già alle quattro del mattino, lo scalpiccio dei passi e le parole raccontate sottovoce annunciavano l’alba di una giornata straordinaria: 20 aprile 2018, venticinque anni dalla morte di don Tonino Bello, ad Alessano, il paese in cui è nato, il paese che custodisce la tomba di quest’uomo di Dio, “seminato nella sua terra”. Quella tomba su cui il Santo Padre ha sentito di dover andare a pregare, instaurando un colloquio tra vivi.
Perché è vero quello che dal palco è stato tante volte ripetuto: don Tonino è vivo. Vive di una vita che interroga, vive di un amore che provoca, vive di una pace che mette in cammino. Quello scalpiccio di passi tra silenzi commossi e canti entusiasti, portava ad un incontro tra gli eredi di don Tonino, tra tutti quelli che pur non avendolo conosciuto di persona, lo conoscono bene attraverso le parole e i segni che ha lasciato, solchi profondi sulla terra che tracciano un percorso che può apparire faticoso e scomodo, ma che diventa necessario per diventare cristiani meno tiepidi. Cristiani che non si accontentano di farsi il segno della croce ma che la croce se la caricano sulle spalle, per seguire il cammino di fede che nel progetto di Dio è riservato ad ognuno di noi.
A venticinque anni dalla morte, un papa che ha scelto di chiamarsi Francesco per testimoniare la sua visione di Chiesa povera per i poveri, è venuto in mezzo a noi per ricordare le virtù di un vescovo pastore, che aveva al collo una croce di legno e al dito la fede di sua madre, sui fianchi il grembiule per farsi servo umile dei più poveri. Umile ma non mite, mai sottomesso, capace di alzare la voce contro i potenti della terra costruttori di guerre, venditori di morte, contro chi si fa complice per denaro di massacri di innocenti, la cui sorte sta a cuore solo agli autentici costruttori di pace.
Allora, come ripeteva don Tonino e come ha ripetuto con forza don Ciotti dal palco ad Alessano, “in piedi costruttori di pace”, facciamo sentire la nostra voce forte e chiara contro le guerre di oggi che sono identiche a quelle di sempre. Siamo certi che se oggi don Tonino fosse qui, lotterebbe per le sorti della Siria, così come fece per Sarajevo. Ora tocca a noi.