A chi alla rappresentazione ieri ha prestato più di un orecchio distratto dal vocio e dai rumori della sala, quel flauto, quelle percussioni, quei violini, saranno rimasti dentro per tutta la sera, a cadenzare anche a sipario chiuso una memoria fatta di dolore e allo stesso tempo di speranza. "Intorno a Brundibar" non è teatro. Non lo è stata neanche quando qualche imperfezione tecnica riportava necessariamente alla realtà di una messa in scena costruita. È un'opera che si mette sulla scia della vera storia legata a Brundibar, a quello spettacolo sul quale, durante il periodo nazista, i bambini del campo di concentramento di Therezin, nella Cecoslovacchia occupata, lavoravano per guadagnare qualche settimana in più di vita, prima del loro trasferimento ad Auschwitz. Un passato che non deve essere ricercato poi troppo lontano se ancora oggi ci sono muri di filo spinato a separare. E la striscia di Gaza diviene un nuovo palcoscenico, attuale, carico del rimbombo degli spari, in cui però l'innocenza dei piccoli quasi non si accorge di ciò che gli adulti hanno innalzato per dividere. Sono uniti, bimbi israeliani e bimbi palestinesi, nella passione del gioco, nel sogno di una libertà senza confini.
Elencare chi, in un modo o nell'altro, ha contribuito a realizzare questo momento di emozione e riflessione che ieri ha coinvolto tanti nei locali della parrocchia Cuore Immacolato di Maria a Galatina, sarebbe compito non facile. Nominare almeno Angelo Coluccia e Roberta Marra è però doveroso. Alla loro creatività nel comporre la musica e i testi va il merito di aver dato concretezza a un vecchio sogno nel cassetto che Roberta Forte in particolare teneva custodito in attesa di un "miracolo". In qualche modo qualcosa di straordinario è davvero avvenuto. Chiedetelo agli occhi ancora lucidi.