Mario Santantonio va in pensione, radioterapia al Fazzi presto senza primario

Mario Santantonio va in pensione, radioterapia al Fazzi presto senza primario

Il 31 ottobre il dottore Mario Santantonio andrà in pensione. A meno di tre mesi dall’inaugurazione dell’acceleratore lineare Versa, il fiore all’occhiello della terapia oncologica leccese, costato 2,7 milioni di euro, Santantonio, salentino originario di Racale, tornerà a Modena dove ha la residenza. Il professionista salentino era approdato al Fazzi nel 2006, a seguito di un concorso bandito dall’allora direttore generale Gianluigi Trianni.
Santantonio, detto con dati alla mano, ha rivoluzionato la radioterapia dell’azienda sanitaria leccese. Nel 2006, i due acceleratori lineari in dotazione, il Primus e il Precise, irradiavano 500-600 pazienti all’anno. Quando il territorio della provincia di Lecce ne richiedeva almeno 2000-2200. Il resto dei pazienti veniva irradiato dalla clinica Città di Lecce, in base a una convenzione del 1999.
Già nel 2008 Santantonio aveva portato la Radioterapia del Fazzi a quota 841 pazienti/anno. Mentre la Città di Lecce ne curava 1322. Con notevole esborso di denaro pubblico.
Fu a questo punto che Santantonio chiese e ottenne un’integrazione del personale e mise a punto un migliore utilizzo delle apparecchiature.
Nel 2013 una delibera introdusse la “Lista unica” che consentì al Fazzi di irradiare 1.100 pazienti all’anno, mentre la Città di Lecce scendeva a quota 500-600 prestazioni.
Oggi la Radioterapia del Fazzi ha grandi potenzialità, grazie all’innovativo acceleratore Versa di ultima generazione. I pazienti non hanno liste di attesa. Anzi, al Fazzi arrivano pazienti dalle Asl di Brindisi e Taranto dove l’attesa è di circa 3 mesi.
Santantonio si augura che la crescita del suo reparto non si blocchi dopo la sua partenza e che la Asl faccia al più presto un bando per fare arrivare a Lecce uno tra i migliori radioterapista che continui la sua opera.
«Lascio un reparto di cui sono orgoglioso sia per le apparecchiature acquisite, grazie agli investimenti fatti dalla Asl e sia per gli operatori, molto preparati e responsabili».
Qualche rimpianto per ciò che poteva fare e non è riuscito a realizzare? «Mi dispiace soltanto perché siamo rimasti carenti nei Gruppi multidisciplinari. Un paziente che ha un tumore deve avere la certezza di essere seguito. Perciò bisognerebbe istituzionalizzare i Gruppi multidisciplinari, che sono rimasti solo sulla carta».
Intanto molti pazienti, soprattutto oncologici, vanno a curarsi fuori regione. Dopo la Calabria, la Puglia, con il 47%,  ha la mobilità passiva più alta in Italia.