Per dire. O interdire?

Per dire. O interdire?

Solo due sillabe in più, ma un abisso di differenza. Un conto è voler dire qualcosa, promuovere un pensiero, un'idea o un ideale. Un conto è voler interdire qualcuno, privarlo di una facoltà, sbraitare contro di lui. Ecco, scendere in piazza per me non può che seguire la prima accezione, quella a cui chi un tempo faceva politica davvero si ispirava sporcandosi le mani per battersi a favore di un diritto non per la sua negazione.
Il Family Day di sabato scorso a Roma ha rappresentato una farsa, sotto ogni punto di vista. Perché, diciamoci la verità, non si elogiava la famiglia, ma si denigrava chi aspira a una famiglia. Famiglia, sì, perché laddove ci sono persone che si amano, si aiutano, collaborano per la crescita della società facendosi nucleo fondamentale della società stessa, si deve parlare di famiglia. Genitori e figli, nelle loro fragilità e nelle loro doti.
Il Family Day di sabato scorso a Roma ha allestito siparietti di perfezione inesistente (come è umano che sia) e creato soltanto una circostanza mediatica per consentire a Giorgia Meloni (già ministro della gioventù nel quarto governo Berlusconi, ndr) di annunciare in diretta tv di essere incinta (auguri), mentre i sottotitoli lanciavano i flash di cronaca ricordando il terribile omicidio dei due figli a opera di un padre. Era una di quelle "checche isteriche" che tutti immaginano essere i gay? No, era un padre "normale" che ha commesso un'azione anormale. Quella sì che è contro natura.
Salire su un palco e sottolineare quanto loro (i genitori modello con i figli modello) siano migliori rispetto ai "diversi" che, poverini, ci sono e ce li dobbiamo tenere, ma dare loro per legge la possibilità di fare come chiunque proprio no, ha toccato i livelli più bassi non solo del fare politica, ma anche e soprattutto dell'essere uomini e donne degni di questo nome.
E ho anche il sospetto che chi abbia impugnato il ddl Cirinnà non si sia preso nemmeno la briga di leggerlo, partendo a priori con atteggiamenti omofobi. Non mi risulta che si parli di "uteri in affitto" e la "stepchild adoption" che tanto spaventa, nel suo giro di parole straniere, vuole solo rendere diritto quello che è già un dovere morale (come ha giustamente affermato Laura Boldrini, presidente della Camera): si può adottare il figlio biologico del partner (istituto giuridico già esistente in Italia dal 1983 per le coppie eterosessuali), sia per un affetto spontaneo e certamente cresciuto nel tempo della relazione tra le due donne o i due uomini in questione, sia per tutelare il minore. Il ddl Cirinnà inoltre punta a dare legalità all'unione di due persone maggiorenni, anche dello stesso sesso, che liberamente hanno scelto di vivere insieme e di amarsi. In questo modo acquisiscono diritti e doveri verso il proprio compagno o la propria compagna e ottengono tutte quelle possibilità di assistenza sanitaria, carceraria e di eredità che fino a questo momento in Italia non sono concesse neanche alle cosiddette convivenze di fatto.
Cosa c'è di scandaloso in tutto questo? In che modo si va a ledere il significato di famiglia tradizionale? Perché non ci si indigna davanti a tradimenti e festini con prostitute da parte di chissà quanti sabato scorso erano al Circo Massimo e quasi viene il voltastomaco se qualcuno si dice desideroso di essere riconosciuto come persona capace di voler bene come chiunque (e forse di più) e quindi bisognosa di diritti e doveri come tutti?