Se io penso alle mie prime acerbe esperienze con lo spettacolo, a quei primi batticuori salendo su un palcoscenico, a quel “friccicarello” sotto le forti luci di scena, mi sovviene la voce di Lino Bello. Una voce che era mamma e papà: aveva la forza, il temperamento, l’autorità dei genitori e nello stesso tempo la dolcezza, la guida, la bontà e l’incoraggiamento degli stessi.
Lino, con la sua voce, avrebbe benissimo recitato un menu (come si divertiva a fare Gassman) rendendolo interessantissimo e facendoci ridere di gusto. E penso ai suoi gatti, ai suoi cani, e alla fortuna che avevano nel sentire quella voce ogni giorno, in quella casa che ricordo sempre piena di luce, di dischi, di posacenere carichi di mezze sigarette, di scatolette aperte col mangime per i suoi fedeli compagni.
Lino era di un’intelligenza e di una sensibilità musicale rarissime. Sapeva distinguere il vero dal falso, ciò che sarebbe durato e ciò che invece era un “fuoco di paglia”. Non sapeva mentire e, se non gli piaceva qualcosa (che magari doveva pure presentare), lo si capiva da come spostava il peso su una gamba, a come incurvava la voce e teneva in mano il microfono.
Dietro le quinte era uno spasso. Se c’è una cosa che mi ha insegnato, è la leggerezza, il non rendere mai il palcoscenico pesante, a non sentirti una super star e nemmeno “na cosa de nienzi”. La leggerezza di vedere, anche il più grande artista, come un mortale, un viaggiatore che cerca di dare con la sua arte un senso alla vita e riposo alle sue nevrosi.
A mezzogiorno, in piazza sant’Oronzo a Lecce, parte la voce del grande tenore Tito Schipa (leccese, per chi non lo sapesse), ecco, forse nella nostra Galatina, ogni tanto, non a mezzogiorno, ma alle cinque del pomeriggio o alle due di notte, a sorpresa, bisognerebbe diffondere la voce di Lino Bello che magari ci dice “signore e signori benvenuti… o grazie e alla prossima, scià curcamuni” e io son convinto, che le nostre giornate diventerebbero ancor più preziose e si colorerebbero di buono.
Grazie Lino!
Fausto Romano