"In Puglia, per tutta la durata della prima fase, le strategie di contact tracing ed un uso strategico delle attività della rete diagnostica regionale ha permesso di gestire l'epidemia con risultati eccellenti. La strategia di utilizzo dei tamponi in Puglia è stata identica a quella di regioni come il Veneto che sono prese ad esempio come standard ottimo di controllo dell'epidemia". Il prof. Pier Luigi Lopalco, responsabile del coordinamento epidemiologico della Regione Puglia, fa alcune precisazioni rispetto a quanto affermato in una nota dal consigliere regionale Ignazio Zullo.
"Ovviamente il numero assoluto di tamponi eseguiti Puglia -continua Lopalco- risulta inferiore a quello del Veneto perché il numero di casi e di catene di contagio delle due regioni non è paragonabile. In Puglia, in tutto, sono stati registrati solo 12 focolai nelle Rsa-Rssa e 6 focolai in tutta la rete ospedaliera. Fra le centinaia di aziende che hanno in questa prima fase continuato la loro attività produttiva solo in una si è sviluppato un focolaio prontamente individuato e spento: degli operai coinvolti in questa azienda tutti i casi sono stati asintomatici o con sintomi lievi e con nemmeno un caso ricoverato in ospedale.
Le attività di monitoraggio e controllo hanno portato alla individuazione di oltre 26.000 cittadini pugliesi che hanno ricevuto un'ordinanza di isolamento fiduciario a casa, in pratica più di 6 ogni 1.000 pugliesi. In Puglia, quindi, nessuno ha centellinato o vuole centellinare i tamponi. In questa seconda fase, anzi, quando sia molti operatori sanitari che tanti lavoratori stanno rientrando al lavoro, è stata messa a punto una nuova strategia in cui i rischi specifici delle singole attività produttive, incluse le attività sanitarie, saranno valutati insieme al livello di circolazione del virus sul territorio e quindi saranno messe a punto strategie specifiche per scovare eventuali catene di contagio nascoste fra asintomatici in una fase molto iniziale. Il tampone non verrà negato dunque a nessun pugliese che ritornerà al lavoro nelle prossime settimane e presenterà uno specifico profilo di rischio. Le nostre strategie sono basate su stringenti ragionamenti scientifici e discussi con i migliori esperti nazionali ed internazionali. La salute degli operatori sanitari e di tutti i lavoratori è il nostro primario obiettivo".
“In Veneto sono stati fatti circa 384.000 tamponi su 18.300 casi. In Puglia ne sono stati fatti circa 71mila circa su 4.200 casi. Questi numeri da soli -sottolinea il prof. Lopalco- smontano la teoria e la vulgata secondo la quale in Puglia non si facciano abbastanza tamponi. La strategia veneta è del tutto sovrapponibile a quella pugliese. Ovvero, di ricercare i casi tra i contatti di un caso confermato. Il Veneto ha un grande numero di catene di contagio, superiore alle nostre, che hanno generato un maggiore numero di tamponi. E quindi di casi confermati.
La strategia veneta della ricerca casi è come la nostra, basata sul contact tracing. Con identificazione dei contatti attraverso telefonate ai soggetti positivi al tampone o sintomatici. I contatti stretti, quindi in Veneto come in Puglia sono divisi in sintomatici e asintomatici. Per i sintomatici si fa il tampone su richiesta medico di base o dipartimento di prevenzione.
Per gli asintomatici c’è la sorveglianza attiva rigorosa. Di regola, secondo le regole venete, NON SI FA IL TAMPONE, salvo che per esigenze di ritorno al lavoro. Per gli altri casi c’è LA QUARANTENA PER 14 GIORNI. Possiamo dunque dire che la strategia pugliese di contenimento e controllo della pandemia è del tutto simile a quella adottata in Veneto, indicata come regione “virtuosa” nell’utilizzo dei tamponi. In Puglia i tamponi si fanno, e si fanno per chi serve”.